Quali interventi di chirurgia ortopedica non funzionano come vorremmo?

A differenza dei farmaci, gli interventi di chirurgia ortopedica possono essere proposti ed utilizzati dal chirurgo sul paziente prima di essere sottoposti a rigorosi test per garantire che siano sicuri e realmente efficaci per il problema che si propongono di risolvere. Pertanto, milioni di interventi chirurgici per trattare il dolore alle ginocchia, alle spalle e alla schiena sono stati svolti nei decenni scorsi anche in assenza di alcuna ricerca che ne confermasse efficacia, sicurezza e che facesse capire che sono effettivamente la scelta migliore per il paziente.

Recentemente, una quantità significativa di tali ricerche è stata però condotta e portata a termine purtroppo richiedendo diversi anni di elaborazione dei dati prima della pubblicazione. Spesso infatti questi studi hanno bisogno di followup (sentire e controllare il paziente per molto tempo dopo l’intervento stesso) molto lunghi e risultano difficili da portare a termine per una serie di motivi, fatto sta che questi studi hanno rilevato che molti interventi chirurgici, anche di diffusione ormai popolare, non funzionano meglio di un intervento placebo. Nonostante questi dati siano ormai noti a livello accademico molti di questi interventi vengono ancora eseguiti al ritmo di centinaia di migliaia all’anno. 

Sì, lo so, può sembrare deprimente. Ma è fondamentale parlare di questo trend e chiunque lavori nel campo del trattamento del dolore cronico deve conoscere questi studi.

Non solo, se state valutando di farvi operare per una patologia ortopedica, informatevi molto bene, parlando del vostro problema anche ad un fisioterapista esperto in quel distretto anatomico, o con un Fisiatra, e sentendo il parere anche di altri chirurghi.

Comunque vorrei tranquillizzarvi, non tutti i chirurghi sono “interventisti” e spregiudicati. Fortunatamente diversi stanno iniziando a rendersi conto che determinati usi in ambito chirurgico  non solo non sono efficaci ma non sono neanche etici e di conseguenza non li propongono più.

Inoltre, vorrei ricordare che comunque in determinate patologie e condizioni cliniche l’intervento è realmente necessario ed efficace.

In ogni caso, che siate operatori del settore o siate potenziali pazienti questo breve articolo che riassume la ricerca pertinente potrebbe interessarvi e darvi qualche spunto di riflessione.

LA CHIRIRURGIA DI GINOCCHIO:

L’osteoartrosi del ginocchio è una condizione molto comune, ma non provoca necessariamente dolore – molte persone hanno un’artrosi significativa e nonostante ciò non provano nessun dolore. È altrettanto vero inoltre che molte persone con dolore al ginocchio non soffrono di artrosi. Nonostante questa scarsa correlazione, l’intervento chirurgico per correggere l’artrosi di ginocchio è molto diffuso e si stima che ogni anno un milione e mezzo di persone vengano sottoposte a questo tipo di intervento. (1)

Circa 15 anni fa, le due più comuni procedure di chirurgia artroscopica al ginocchio erano il “debridement” (rimozione della cartilagine danneggiata) o il lavaggio (irrigazione con soluzione salina). L’obiettivo che si prefiggevano entrambi gli interventi chirurgici era la rimozione di frammenti ruvidi di cartilagine che potevano essere fonte di dolore e di attrito per l’articolazione. Gli scarsi benefici di queste procedure chirurgiche divennero presto noti, infatti le persone iniziarono a chiedersi se non esistesse una forma di placebo anche per la chirurgia… o se tali risultati sarebbero stati possibili comunque con dei trattamenti meno invasivi, come ad esempio l’esercizio fisico, la terapia fisica e varie tecniche di fisioterapia.

Per verificare questa possibilità, alcuni ricercatori hanno condotto uno studio effettuando un intervento chirurgico “fittizio”: un gruppo di pazienti ha ricevuto un intervento chirurgico al ginocchio reale ed un altro gruppo un intervento falso (che ha comportato solo l’incisione a livello cutaneo, cioè l’intervento ma senza poi fare nulla internamente all’articolazione). I pazienti non avevano modo di sapere se avessero ricevuto l’intervento reale e i due gruppi vennero monitorati per alcuni anni, sia per quanto riguarda il dolore che per quanto riguarda la funzionalità. Si scoprì dunque che il gruppo placebo raggiunse gli stessi benefici sia sul piano del dolore che della funzionalità del gruppo che subì l’intervento reale. (2) Questo suggerisce che la chirurgia ha funzionato si, ma forse cambiando “la mente” del paziente e non la struttura e la meccanica interna all’articolazione.

Sebbene questa ricerca abbia effettivamente dimostrato che questo tipo di intervento sia inutile, la risposta dei chirurghi fu comunque molto lenta. Anni dopo, venivano ancora erogati centinaia di migliaia di interventi di questo tipo ogni anno, con un costo stimato di circa 3 miliardi di dollari all’anno. (3) La ricerca proseguì per la sua strada e venne condotto un altro studio che paragonò questa tecnica chirurgica con la fisioterapia ed altri approcci non invasivi. Il risultato fu una conferma del fatto che le terapie non invasive fossero parimenti efficaci nel curare i sintomi e migliorare la funzionalità del ginocchio. (4)

Finalmente dopo un decennio circa, il debridement ed il lavaggio alla fine divennero meno comuni, ma furono presto sostituiti da un’altra procedura chiamata meniscectomia parziale artroscopica, intervento tutt’ora molto utilizzato…

Purtroppo anche questo nuovo intervento si è dimostrato altrettanto debole. Come il suo predecessore, in diversi studi si è dimostrato efficace quanto l’intervento placebo. Infatti nel 2015, un gruppo di ricercatori hanno riepilogato i risultati di nove studi sulle procedure artroscopiche per il ginocchio ed hanno concluso che “le tecniche chirurgiche più utilizzate sul ginocchio offrono pochi e solo parziali eventuali benefici rispetto ad approcci meno invasivi ma con la possibilità di serie complicanze”. (5)

Un recente editoriale del British Journal of Medicine ha espresso una pungente opinione affermando che a seguito di tutte le ricerche condotte la chirurgia artroscopica per il dolore al ginocchio risulta essere: ” una pratica altamente discutibile senza prove a sostegno di qualità anche moderata.” (6)

Inoltre una linea guida del 2017 afferma che: ” Raccomandiamo fortemente di non utilizzare tecniche artroscopiche in quasi tutti i pazienti con patologia degenerativa del ginocchio … ulteriori ricerche difficilmente modificheranno questa raccomandazione .” (7)

giornata mondiale della fisioterapiaNonostante questa ricerca avvincente, la chirurgia artroscopica del ginocchio continua ad essere una delle procedure ortopedica più comuni (solo negli usa conta ancora oggi circa 700.000 interventi eseguiti ogni anno) (6).

Come può essere? Probabilmente perché molti medici si fidano ciecamente della loro esperienza personale nel corso della loro pratica clinica oppure che hanno degli interessi economici diretti nel continuare ad operare in questo modo, oppure non si aggiornano e non sono propensi a modificare il loro pensiero e modo di agire. Fattostà che spesso se intervistati affermano di aver avuto buoni risultati, ma senza aver mai potuto confrontarli con il lavoro di un fisioterapista o di altri colleghi che usano altre tecniche non invasive. Altri diranno che continuano ad operare perché la fisioterapia non ha dato risultati.. certamente possibile, ma QUALE FISIOTERAPIA? È un po come confrontare la “chirurgia” senza specificare il tipo di intervento sul tipo di lesione. Sarebbe altrettanto fuorviante.

Alcuni pazienti poi in effetti migliorano notevolmente dopo la chirurgia, ma dovremmo comunque essere molto scettici sul fatto che la causa di questo miglioramento sia un cambiamento strutturale interno al ginocchio. Invece, il trattamento di successo per il dolore cronico al ginocchio, attraverso un intervento chirurgico o altro, è probabilmente più sulla creazione di cambiamenti complessi nei processi psicologici o neurologici, piuttosto che alterare la struttura articolare.

Per mia esperienza spesso le persone sono più motivate a seguire un percorso di fisioterapia ben articolato a seguito di un intervento chirurgico che non farlo comunque prima allo stesso modo, con lo stesso rigore e determinazione, per tentare di migliorare senza chirurgica.

Questo punto è fortemente confermato da analoghe ricerche sull’efficacia della chirurgia lombare, che spesso non riesce a superare gli interventi puramente psicologici per il mal di schiena.

CHIRURGIA VERTEBRALE:

Come per le ginocchia, ci sono molti studi che dimostrano (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8208267) – (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/2312537)

Come il danno strutturale non sia strettamente connesso alla presenza di dolore. Inoltre pare che la colonna vertebrale possa provocare dolore anche in assenza di danni visibili ai più sofisticati sistemi di diagnostica per immagini a nostra disposizione oggi.

Infatti molti mali di schiena cronici ancora oggi vengono descritti come “non specifici” in quanto non è possibile identificare una causa di dolore precisa meccanica o strutturale-anatomica.

Ad oggi infatti sembra esserci solo una bassa correlazione tra dolore lombare e danno anatomico- strutturale.

Per esempio, nell’intervento di vertebroplastica ci si propone di trattare il dolore lombare causato da una frattura vertebrale tramite iniezione di “cemento biocompatibile” nella frattura vertebrale. Uno studio pubblicato nel 2003 mostrò che i risultati a 6 mesi erano sovrapponibili a quelli dei pazienti non trattati. (8).

Altri 2 studi del 2009 mostrarono che questo stesso intervento non è più efficace di un intervento placebo nel trattare i crolli vertebrali da osteoporosi. (9).

Per quanto riguarda invece l’intervento di “Fusione Vertebrale” (altra pratica tutt’oggi piuttosto comune), questo intervento si propone in genere per “stabilizzare” le vertebre evitando che in determinati movimenti queste possano comprimere o entrare in contatto con le strutture sensitive-nervose. Nel 2013 il “spine journal” pubblicò uno studio comparato su fusioni vertebrali e trattamento conservativo basato sulla fisioterapia svolta con esercizi specifici ed un approccio cognitivo/comportamentale. Lo studio non riuscì ad evidenziare differenze di rilievo tra i due gruppi nei benefici a lungo termine concludendo che “l’uso della stabilizzazione vertebrale tramite fusione nel mal di schiena cronico non è consigliato, si suggerisce di trattare questi pazienti con altri trattamenti conservativi basati sull’esercizio specifico e l’approccio cognitivo comportamentale”(10)

Inoltre in una meta analisi del 2014 si concluse affermando

“Vi sono prove evidenti del fatto che la fusione lombare non è più efficace del trattamento conservativo nel ridurre la disabilità percepita a causa della lombalgia cronica tra i pazienti con malattie degenerative della colonna vertebrale. È improbabile che ulteriori ricerche sull’argomento influenzino notevolmente questa conclusione”. (11)

Come per la chirurgia del ginocchio, la ricerca che mostra l’inefficacia relativa della chirurgia è stata lenta ad influenzare la pratica. Lo studioso Nikolai Bogduk, un esperto di anatomia e mal di schiena di fama internazionale, spiega che:

I chirurghi e altri credono che la chirurgia sia efficace per il mal di schiena. Basano questa convinzione sulla propria esperienza o su studi osservazionali. Questa convinzione è, in linea di massima, non confermata dai risultati in studi clinici ben segnalati. Queste prove indicano che solo una piccola percentuale di pazienti sta bene grazie ad un intervento chirurgico.(12)

Va detto però che per quanto riguarda altri interventi invece questi vanno considerati utili, efficaci ed in alcuni casi addirittura indispensabili per evitare lesioni neurologiche permanenti.

CHIRURGIA DI SPALLA:

muscolo e tendine sottoscapolare

La ricerca sulla chirurgia della spalla segue un modello simile (anche se meno chiaro). Ad oggi la risonanza magnetica ha dimostrato che moltissime persone senza dolore hanno cuffie dei rotatori lesionate o “strappate”. Nonostante questo, le diagnosi più comuni per spiegare il dolore alla spalla implicano danni alla cuffia dei rotatori o “impingement” sulla cuffia dei rotatori con il processo acromiale della scapola.

 

 

Gli interventi chirurgici per correggere queste condizioni comprendono la riparazione della cuffia dei rotatori (sovraspinato in primis) e l’acromioplastica,(in cui viene rimossa una parte dell’acromion). Solo negli Stati Uniti vengono praticati quasi mezzo milione di interventi chirurgici di questo tipo ogni anno, la maggior parte su spalle in cui il danno è degenerativo piuttosto che traumatico. (13)

Questi interventi sono più efficaci dell’esercizio o del riposo? Le prove sono meno chiare rispetto a quelle condotte sulla colonna vertebrale e sul ginocchio, ma comunque sufficienti a generare una serie domande sul fatto che questi interventi chirurgici funzionino e che i risultati abbiano a che fare o meno con un reale cambiamento meccanico nella spalla.

Anche se non possiamo escludere la possibilità che la chirurgia sia sostanzialmente più efficace rispetto all’esercizio fisico per alcuni pazienti (14), diversi studi hanno scoperto che gli interventi di spalla più diffusi (come l’acromioplastica e l’intervento di riparazione del cercine a seguito di Slap lesion), non sono più efficaci dell’esercizio fisioterapico specifico. (15, 16)

Ci sono inoltre prove che suggeriscono che la chirurgia abbia sì un effetto antalgico ma non modifichino la struttura o la meccanica articolare. (17) In questo studio infatti veniva evidenziato, tramite risonanza magnetica, che il tendine della cuffia dei rotatori riparato tramite chirurgia spesso va in contro a ri-rottura entro ad 1 anno dall’intervento  anche se il paziente si sia ripreso completamente.

Secondo il Dr. Lawrence Gullotta, un esperto di chirurgia e meccanica glenomerale “Quando la cuffia dei rotatori si lesiona, attribuisci tutto il tuo dolore e la tua disfunzione a quel specifico tendine della cuffia dei rotatori lesionato, poi la fai sistemare e ti senti meglio, ma a volte quando ripeti un’ecografia o una risonanza magnetica per controllo, scopri che la cuffia dei rotatori sembra esattamente come prima dell’intervento. “(18)

Un post sul blog British Journal of Sports Medicine riassume così la situazione: “alla luce dell’attuale base di evidenze, i benefici dell’intervento chirurgico per il trattamento del dolore alla spalla sembrano glorificati e sopravvalutati.” (19)

CONCLUSIONI:

permettetemi di chiarire qualcosa: Questo articolo non sta dicendo in alcun modo che non bisogna fidarsi dei chirurghi ortopedici, o che la chirurgia non è mai efficace nel trattare il dolore cronico. Molti interventi chirurgici hanno dimostrato di funzionare e sono sicuramente indispensabili in determinate circostanze.

In questi anni ho seguito personalmente molte persone che hanno ricevuto dal chirurgo consigli eccellenti ed etici sullo stato attuale delle evidenze scientifiche, sui pro e sui contro dei diversi approcci, e ho seguito anche molte persone che hanno ottenuto benefici irraggiungibili dalla sola fisioterapia dagli interventi chirurgici a cui si sono sottoposti anche dietro mio consiglio per risolvere determinate condizioni. D’altra parte, ho avuto esperienza anche di molte persone che nonostante l’intervento chirurgico non hanno migliorato minimamente il dolore o la funzionalità, o che non sono state adeguatamente informate sui reali benefici dell’intervento proposto.

Il messaggio che dovrebbe passare da questi studi è che l’establishment medico ha alcuni importanti punti deboli e pregiudizi nel modo in cui tratta e vede il dolore cronico; pare cerchi costantemente di spiegare e trattare il dolore sempre in riferimento a semplici “difetti” strutturali, ignorando invece i complessi processi neurofisiologici che lo regolano e che sono spesso molto importanti. Alcuni chirurghi dovrebbero considerare maggiormente questi fattori e forse approfondire ulteriormente i meccanismi che regolano il dolore cronico in modo che possano contribuire a migliorare il modo in cui vengono trattati.

Dunque, non possiamo affermare che la chirurgia a tutto tondo non sia efficace, questa affermazione è vera soltanto in determinate condizioni.

In molti casi la chirurgia è realmente efficace, (come ad esempio nel ripristinare una stabilità oggettivamente persa a causa della rottura di un legamento) e sicuramente non bisogna soffermarsi sulla diagnostica per immagini, questo ormai è noto, e deve essere la funzionalità, il dolore, la clinica e la mente del paziente a guidare il chirurgo nelle scelta di intervenire o meno o di suggerire semplicemente un approccio conservativo o fisioterapico come prima opzione.

personalmente credo che spesso l’insuccesso di determinati interventi derivi più dal fatto che il paziente non sia stato valutato sufficientemente a fondo che non dal fatto che l’intervento non abbia fatto ciò che si prefiggeva di fare dal punto di vista meccanico. Vi sono infatti centinaia di possibili “pain generator” e fattori esterni che non vengono facilmente identificati e si tende facilmente a ricadere su ciò che è più macroscopico, forse non tenendo sufficientemente conto di altri fattori meccanici extra articolari che possono comunque venire modificati da un intervento fittizio (capsula, borsa, connettivo e fascia), dai fattori psicologici, delle aspettative ( spesso troppo ottimistiche) o peggio non inquadrando adeguatamente il paziente.

 

BIBLIOGRAFIA:

  1. Heidari, Behzad. 2011. “Knee Osteoarthritis Prevalence, Risk Factors, Pathogenesis and Features: Part I.” Caspian Journal of Internal Medicine 2 (2): 205–12.
  2. Lubowitz, James H. 2002. “A Controlled Trial of Arthroscopic Surgery for Osteoarthritis of the Knee.” Arthroscopy 18 (8): 950–51. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12368798.
  3. Why ‘Useless’ Surgery Is Still Popular. http://www.nytimes.com/2016/08/04/upshot/the-right-to-know-that-an-operation-is-next-to-useless.html?_r=2
  4. Kirkely, Birmingham, et al. 2008. “A Randomized Trial of Arthroscopic Surgery for Osteoarthritis of the Knee.” New England Journal. Vol. 359, 1097.
  5. Thorlund, J. B., C. B. Juhl, E. M. Roos, and L. S. Lohmander. 2015. “Arthroscopic Surgery for Degenerative Knee: Systematic Review and Meta-Analysis of Benefits and Harms.” Bmj 350 (jun16 3): h2747–h2747. doi:10.1136/bmj.h2747.
  6. Järvinen, Teppo L N, and Gordon H Guyatt. 2016. “Arthroscopic Surgery for Knee Pain.” BMJ (Clinical Research Ed.) 354 (July). British Medical Journal Publishing Group: i3934. doi:10.1136/BMJ.I3934.
  7. Siemieniuk, Reed A C, Ian A Harris, Thomas Agoritsas, Rudolf W Poolman, Romina Brignardello-Petersen, Stijn Van de Velde, Rachelle Buchbinder, et al. 2017. “Arthroscopic Surgery for Degenerative Knee Arthritis and Meniscal Tears: A Clinical Practice Guideline.” Bmj, j1982. doi:10.1136/bmj.j1982.
  8. Diamond, Terrence H, Bernard Champion, and William A Clark. 2003. “Management of Acute Osteoporotic Vertebral Fractures: A Nonrandomized Trial Comparing Percutaneous Vertebroplasty with Conservative Therapy.” The American Journal of Medicine 114 (4): 257–65. doi:10.1016/S0002-9343(02)01524-3.
  9. Kallmes, David F., Bryan A. Comstock, Patrick J. Heagerty, Judith A. Turner, David J. Wilson, Terry H. Diamond, Richard Edwards, et al. 2009. “A Randomized Trial of Vertebroplasty for Osteoporotic Spinal Fractures.” New England Journal of Medicine 361 (6): 569–79. doi:10.1056/NEJMoa0900563.
  10. Mannion, Anne F., Jens Ivar Brox, and Jeremy C.T. Fairbank. 2013. “Comparison of Spinal Fusion and Nonoperative Treatment in Patients with Chronic Low Back Pain: Long-Term Follow-up of Three Randomized Controlled Trials.” The Spine Journal 13 (11): 1438–48. doi:10.1016/j.spinee.2013.06.101.
  11. Saltychev, Mikhail, Merja Eskola, and Katri Laimi. 2014. “Lumbar Fusion Compared with Conservative Treatment in Patients with Chronic Low Back Pain.” International Journal of Rehabilitation Research 37 (1): 2–8. doi:10.1097/MRR.0b013e328363ba4b.
  12. Bogduk, Nikolai, and Gunnar Andersson. 2009. “Is Spinal Surgery Effective for Back Pain?” F1000 Medicine Reports 1 (July): 27–29. doi:10.3410/M1-60.
  13. Jain, Nitin B, Laurence D Higgins, Elena Losina, Jamie Collins, Philip E Blazar, and Jeffrey N Katz. 2014. “Epidemiology of Musculoskeletal Upper Extremity Ambulatory Surgery in the United States.” BMC Musculoskeletal Disorders 15 (1): 4. doi:10.1186/1471-2474-15-4.
  14. Steuri, Ruedi, Martin Sattelmayer, Simone Elsig, Chloé Kolly, Amir Tal, Jan Taeymans, and Roger Hilfiker. 2017. “Effectiveness of Conservative Interventions Including Exercise, Manual Therapy and Medical Management in Adults with Shoulder Impingement: A Systematic Review and Meta-Analysis of RCTs.” British Journal of Sports Medicine, bjsports-2016-096515. doi:10.1136/bjsports-2016-096515.
  15. Ketola, S., J. Lehtinen, T. Rousi, M. Nissinen, H. Huhtala, Y. T. Konttinen, and I. Arnala. 2013. “No Evidence of Long-Term Benefits of Arthroscopicacromioplasty in the Treatment of Shoulder Impingement Syndrome: Five-Year Results of a Randomised Controlled Trial.” Bone and Joint Research 2 (7): 132–39. doi:10.1302/2046-3758.27.2000163.
  16. Brox, Jens Ivar, Cecilie Piene Schrøder, Øystein Skare, Petter Mowinckel, and Olav Reikerås. 2017. “Author Response—sham Surgery versus Labral Repair or Biceps Tenodesis for Type II SLAP Lesions of the Shoulder: A Three-Armed Randomised Clinical Trial.” British Journal of Sports Medicine, bjsports-2017-098251. doi:10.1136/bjsports-2017-098251.
  17. McElvany, Matthew D., Erik McGoldrick, Albert O. Gee, Moni Blazej Neradilek, and Frederick A. Matsen. 2015. “Rotator Cuff Repair.” The American Journal of Sports Medicine 43 (2). SAGE PublicationsSage CA: Los Angeles, CA: 491–500. doi:10.1177/0363546514529644.
  18. Large Study of Arthroscopic Rotator Cuff Repair Reveals Some Surprises. http://www.hss.edu/newsroom_study-arthroscopic-rotator-cuff-repair-surprises.asp
  19. “Unnecessary Shoulder Surgery on the Rise – BJSM Blog – Social Media’s Leading SEM Voice.” Accessed October 18. http://blogs.bmj.com/bjsm/2015/01/06/the-sexy-scalpel-unnecessary-shoulder-surgery-on-the-rise/.

 

Tratto in parte da: https://www.bettermovement.org/blog/2017/many-orthopedic-surgeries-dont-work

 

Dott. Marco Segina

Responsabile della sezione Fisioterapia Ortopedica e Sport del Poliambulatorio Fisiosan con sede a Trieste e a Muggia.
Amministratore della Polisportiva Venezia Giulia SSDarl – con sezioni Volley, Basket, BodyBuilding, Pesistica, Corsa, MountainBike.
Laureato in Fisioterapia con Lode C/o Facoltà di Medicina e Chirurgia di Trieste e Vincitore del premio miglior tesi di Laurea in Italia nel 2008 (Una nuova Scala di Valutazione delle Lombalgie).

Altri titoli:
Master Universitario in ecografia muscoloscheletrica per fisioterapisti e podologi;
Master Universitario in Osteopatia;
Diploma di Osteopractor (American Academy of Manipulative Therapy);
Diploma di Chiroterapia e manipolazioni vertebrali (Manipulation Italian Academy);
Diploma di Preparatore Atletico;
McKenzie method (level A,B,C,D,E);
Stecco method (I e II livello);
Dry Needlig cert. (American Academy of ManipulativeTherapy);
Spinal Manipulation cert. (American Academy of Manual Therapy);
McGill method (I,II,III livello);
Documentarion based care certificate instructor;
Istruttore di Functional Trainig;
Personal Trainer;
Tecnogym Exercise specialist.