“Crioterapia” è una delle tante parole “inventate” perché dire semplicemente “applicazione di ghiaccio” pareva brutto e forse, soprattutto è poco commerciale…
Spesso infatti pensiamo al ghiaccio come una pratica utile a ridurre il danno tissutale e il gonfiore nel post-infortunio, in fase acuta o in caso di dolore, ma è davvero così?
È davvero utile il ghiaccio in fase acuta e nel post-infortunio? Se lo è , quanto tempo dopo dev’essere applicato il ghiaccio?
Di seguito cercheremo di rispondere in maniera scientifica, basandoci sulle attuali evidenze (con bibliografia a fine articolo) a queste, e a molte altre domande che sentiamo ogni giorno nella nostra pratica clinica.
L’applicazione di ghiaccio riduce davvero il gonfiore?
L’applicazione di ghiaccio riduce la temperatura tissutale, che diminuisce il metabolismo cellulare della zona circostante la lesione diminuendo la quantità di danno secondario del tessuto adiacente alla lesione.
Diversi studi su animali dimostrano una significativa diminuzione del metabolismo cellulare quando la temperatura viene abbassata di dai 5 ai 15 gradi.
Vi sono evidenze di secondo livello che il ghiaccio NON riduce il gonfiore…
L’effetto principale del ghiaccio (o meglio del freddo) è di ridurre la velocità della conduzione nervosa, riducendo così il dolore percepito dai tessuti raffreddati. Questo permette alle persone di riuscire a muovere la zona infortunata e di eseguire esercizi anche nel post acuto. È dunque la mobilizzazione cauta anche in fase acuta, che riduce il gonfiore, non il freddo in sé.
Possiamo dunque affermare che il freddo è un analgesico naturale.
Qual è il modo migliore di applicare il ghiaccio?
Non tutti gli impacchi di ghiaccio sono uguali, la velocità di coduzione nervosa viene rallentata se il raffreddamento è di almeno 10 gradi.
Usare confezioni di piselli surgelati o altri surgelati, come i cubi di ghiaccio per le borse frigo sono certamente comodi perché evitano di imbrattare il pavimento ma non sono altrettanto efficaci nel ridurre la temperatura in tempo rapido delle aree da trattare.
Sembra che il consiglio di applicare una spugna per evitare ustioni da freddo sia addirittura controproducente per i nostri scopi e non permetta un raffreddamento sufficiente.
Un pezzo di carta sarà sufficiente a questo scopo isolando meno e dunque raffreddando meglio la zona.
Inoltre il modo migliore di raffreddare una parte sembra essere una borsa di ghiaccio con all’interno anche dell’acqua per migliorare il contatto superficiale.
Anche i gel pack sono delle buone soluzioni sicuramente più pratiche e comode.
Anche se il modo più rapido per arrivare a temperatura sembra essere del ghiaccio tritato in un sacchetto di plastica applicato direttamente sulla cute.
Di quanto dev’essere l’applicazione di ghiaccio affinché abbia un utilità?
Tutti nell’arco della propria carriera prima o poi abbiamo consigliato di utilizzare dei protocolli tipo 20 minuti di ghiaccio – 40 di pausa – 20 di ghiaccio da ripetere prolungatamente,
oppure protocolli 20on- 20 off.
Utilizzando del ghiaccio tritato la temperatura cutanea viene ridotta sufficientemente in 5 minuti, se l’obiettivo è quello di ridurre la velocità di conduzione nervosa (effetto analgesico) e conserntire così di eseguire esercizi, mobilizzare ecc.. 5 minuti possono essere considerati un tempo sufficiente.
Se si tenta di ottenere una diminuzione della temperatura del tessuto leso in profondità ovviamente il tempo dovrà essere maggiore.
Se si sta trattando un atleta (probabilmente magro) ad una caviglia, 5 minuti saranno sufficienti, se invece dobbiamo trattare un paziente grasso, od una zona molto vascolarizzata con lesione profonda il tempo dovrà aumentare .
In caso di lesione profonda al bicipite femorale su un paziente molto pesante 20 minuti potrebbero non essere sufficienti.
Dobbiamo usare imbottiture o asciugamani ?
Come abbiamo già anticipato, spesso si utilizzano asciugamani o varie imbottiture per proteggere la cute da danni da congelamento (ipotermia, ustioni da freddo ecc).
Nei 35 studi che hanno analizzato l’applicazione diretta del ghiaccio sulla cute non ci sono mai stati casi di lesioni da freddo.
Gli unici danni che si sono verificati avvenivano con applicazioni di 60 minuti alla volta o su pazienti sedati farmacologicamente o addormentati.
Prima di applicare il ghiaccio, come in tutti i trattamenti, sarà necessario controllare che il paziente non abbia delle controindicazioni assolute o allergie ai tessuti-materiali che utilizzeremo.
Se il ghiaccio tritato viene applicato direttamente sulla cute, non è comodo ma è il metodo più efficace. Se applicato attraverso bende o asciugamani sarà poco efficace.
Controllate la pelle ogni 5 minuti ed applicate il ghiaccio isolato il meno possibile per ottenere il massimo risultato.
Controindicazioni e precauzioni per l’utilizzo del ghiaccio:
contrariamente a quanto si crede il ghiaccio non è affatto privo di rischi, molte persone, nei loro tanti consigli da bar lo suggeriscono senza avere minimamente idea di quante possano essere le controindicazioni assolute o le precauzioni legate al suo utilizzo; dietro ad un area ipertermica (calda) possono nascondersi infezioni, infiammazioni di tessuti da non trattare come delle semplici botte…
le controindicazioni alla crioterapia includono:
- Trombosi venosa profonda o tromboflebite acuta
- Aree vicine a ferite croniche
- Ipersensibilità al freddo (mordo di raynauld, cryoglobulinemia, emoglobulinemia, orticaria da freddo detta anche allergia da freddo o ipersensibilità al freddo)
- Alterazioni della circolazione
- Tessuti affetti da tubercolosi
- Tessuti emorragici
- Zone emorragiche non trattate
- Aree con circolazione compromessa (laccio emostatico)
Le precauzioni per la crio terapia includono:
- Persone con insufficienza cardiaca severa
- Persone con ipertensione non compensata
- Aree di sensibilità alterata che impediscono alle persone di dare dei feedback tempestivo
- Tessuti infetti
- Cute danneggiata o cute a rischio
Conclusioni:
alla luce di queste evidenze sembra che sia utile rivedere le motivazioni per le quali inserire il ghiaccio o la “crioterapia” se preferite nei propri protocolli riabilitativi o di recupero, e rivedere le motivazioni da dare al paziente sull’utilizzo del ghiaccio oltre che le tempistiche.
Personalmente trovo pratico l’utilizzo di un catino di acqua e ghiaccio per un sollievo dal dolore sfruttando anche un minimo di azione compressiva data dall’acqua.
La compressione resta uno dei fattori più importanti per ridurre l’edema che è spesso la causa principale del dolore perilesionale, infatti in buona parte degli studi che sembrano dimostrare l’efficacia della crio terapia nel post-lesione vi era sempre anche una compressione abbinata.
Resta dunque dubbia l’efficacia del solo ghiaccio applicato nel post-acuto, mentre è nota l’efficacia anche della sola compressione (bendaggio stretto) nelle fasi immediate al trauma.
Bibliografia:
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Dott. Marco Segina
Responsabile della sezione Fisioterapia Ortopedica e Sport del Poliambulatorio Fisiosan con sede a Trieste e a Muggia.
Amministratore della Polisportiva Venezia Giulia SSDarl – con sezioni Volley, Basket, BodyBuilding, Pesistica, Corsa, MountainBike.
Laureato in Fisioterapia con Lode C/o Facoltà di Medicina e Chirurgia di Trieste e Vincitore del premio miglior tesi di Laurea in Italia nel 2008 (Una nuova Scala di Valutazione delle Lombalgie).
Altri titoli:
Master Universitario in ecografia muscoloscheletrica per fisioterapisti e podologi;
Master Universitario in Osteopatia;
Diploma di Osteopractor (American Academy of Manipulative Therapy);
Diploma di Chiroterapia e manipolazioni vertebrali (Manipulation Italian Academy);
Diploma di Preparatore Atletico;
McKenzie method (level A,B,C,D,E);
Stecco method (I e II livello);
Dry Needlig cert. (American Academy of ManipulativeTherapy);
Spinal Manipulation cert. (American Academy of Manual Therapy);
McGill method (I,II,III livello);
Documentarion based care certificate instructor;
Istruttore di Functional Trainig;
Personal Trainer;
Tecnogym Exercise specialist.