Pjaca, Florenzi, Giuseppe Rossi: sono solo gli ultimi infortunati “famosi”. Chi vuole tornare a giocare spesso deve sottoporsi ad un operazione chirurgica ed ad un intenso programma riabilitativo, ma solo il 65% torna al livello precedente e solo il 55% riesce a tornare a disputare competizioni dello stesso livello pre-lesione.
La rottura del legamento crociato anteriore di Pjaca (giocatore della Juventus e della nazionale Croata), e nuovamente da parte di Giuseppe Rossi, sono solo gli ultimi di una serie di infortuni tra i più limitanti per la carriera di un calciatore.
Si stima che annualmente in tutto il mondo 2 milioni di persone subiscano la rottura del legamento crociato anteriore (Samulesson et al 2012). Il legamento crociato anteriore è la struttura che determina buona parte della stabilità del ginocchio. Chi ne subisce la rottura in genere, se vuole tornare a praticare sport caratterizzati maggiormente da salti e cambi di direzione (calcio, rugby, basket, volley) deve sottoporsi ad un operazione chirurgica di ricostruzione del legamento e compiere un percorso di riabilitazione parecchio strutturato.
Quattro soggetti su cinque ritornano a praticare un’attività sportiva dopo esser stati operati per ricostruzione del legamento, ma solo il 65% circa torna allo stesso livello atletico che aveva prima della lesione e ancora più bassa la percentuale (55%) di chi riesce a tornare a disputare competizioni dello stesso livello pre-lesione (Ardern et al 2014).
Questo avviene per diversi motivi. Innanzitutto i tempi di recupero sono abbastanza lunghi (variano dai 3 ai 12 mesi) ed esiste un consistente rischio di recidiva. Florenzi (giocatore della Roma) e Giuseppe Rossi (giocatore del Villareal) ne sono forse gli esempi più famosi, entrambi operati dopo rottura del legamento crociato anteriore ed entrambi nuovamente infortunati allo stesso ginocchio.
Il caso di Florenzi è emblematico. Il 26 ottobre 2016 durante Sassuolo-Romasi rompe il legamento crociato del ginocchio sinistro. Il 28 ottobre 2016 si opera e gli viene ricostruito il legamento. Il 14 febbraio 2017 subisce nuovamente la rottura del legamento crociato sinistro durante un allenamento con la Primavera della Roma. Esattamente a 3 mesi e mezzo dalla precedente operazione. Si può parlare di sola sfortuna o altro?
Possiamo imparare qualcosa da queste vicende? Purtroppo il rischio di una seconda rottura ad un legamento operato chirugicamente con ricostruzione si attesta attorno al 15%. Per atleti giovani al di sotto dei 25 anni il rischio aumenta fino al 23% soprattutto se si forza il ritorno in campo prima dei tempi biologici di guarigione che sono di 6-9 mesi (Wiggins et al 2016). Il rischio non riguarda solo il ginocchio operato ma come dimostrano i casi di Perin (portiere del Genoa) e Giuseppe Rossi (ex stella del calcio italiano) il rischio di avere una seconda rottura del legamento crociato all’altro ginocchio, sale al 25% in chi è già stato operato (Paterno et al 2015).
Sia nell’ambito chirurgico che della successiva fase riabilitativa negli ultimi anni fortunatamente stanno emergendo strategie di recupero sempre migliori, che permetteranno un ritorno all’attività sportiva pre-lesionale di un numero sempre maggiore di persone, questo però sempre rispettando delle tempistiche biologiche ben precise.
Ma quali sono i tempi di recupero necessari per tornare in campo? Bisogna dire innanzitutto che almeno in Italia si parla di 6 mesi per il ritorno in campo post-intervento chirurgico. La letteratura scientifica riporta tempi di ritorno in campo che variano da 3 ai 15 mesi, la maggior parte parla di 6 mesi per il “completo” recupero (Barber et al 2011).
Recenti studi però dimostrano come un ginocchio operato torna ad essere normale sia da un punto di vista della guarigione biologica dei tessuti, che da un punto di vista biomeccanico solo dopo 2 anni (Nagelli et al 2016).
Se per un atleta adulto l’assenza per 2 anni dalle competizioni è impensabile, per atleti molto giovani (meno di 20 anni) con una potenziale carriera davanti, forse è necessario riflettere di più sui loro tempi di recupero. Ultimamente stanno emergendo sempre più dati scientifici che dimostrano come la maggior parte dei pazienti non sia biologicamente, atleticamente e psicologicamente pronta per tornare a giocare dopo 6 mesi dall’intervento (Grindem et al 2016).
Sempre gli stessi autori affermano come il ritorno all’attività sportiva prima dei 9 mesi post-intervento aumenti notevolmente il rischio di una nuova rottura.
Questi dati scientifici devono essere tenuti presenti da ortopedici, fisioterapisti, preparatori atletici e vanno bilanciati con le forti pressioni che si hanno a tutti i livelli per far tornare a giocare il prima possibile chi ha subito questo tipo di infortunio.
A conclusione di ciò il far tornare a giocare atleti a 3 o 5 mesi dall’intervento assomiglia più ad un gioco d’azzardo che a una medicina e una riabilitazione bastata sui dati scientifici.
Si può fare, in determinati spot, in determinate condizioni e seguendo protocolli riabilitativi molto intensi ma si accetta un alto rischio e purtroppo , troppo spesso il risultato sono carriere rovinate.
La mia opinione:
ritengo che i media abbiano ovviamente giocato il loro ruolo fondamentale, purtroppo mistificando la realtà, spesso mostrando solo il lato roseo delle vicende, illudendo le persone che in pochi mesi il recupero sia completo e stabile e dimenticandosi di parlare delle statistiche del mondo reale.
Il mondo reale è quello in cui le persone non fanno 2 sedute al giorno, ogni giorno per mesi. Il mondo reale non è quello in cui ti operi il giorno dopo dell’infortunio, dal miglior chirurgo sulla piazza. Il mondo reale è fatto di MESI di fermo dopo la rottura, (mesi nei quali è importante fare la fisioterapia PRE operatoria ma nei quali quasi nessuno la fa) , di un intervento spesso fatto in un centro convenzionato, (con un chirurgo che adotta la tecnica che conosce meglio, non necessariamente la migliore e non necessariamente il migliore) e di una fisiotrapia fatta col miglior rapporto qualità prezzo, troppo spesso fatta da un amico (a volte neanche fisioterapista) che fa il prezzo migliore ma senza sapere se ha le competenze, l’esperienza e le attrezzature necessarie. In questi casi certamente i risultati sono ancora peggiori.
Poi una certa responsabilità cell’hanno anche i Fisioterapisti del momento, spesso alle prime armi (perché le squadre raramente investono quando dovrebbero in ambito sanitario) esibiscono filmati dei loro “successi” dopo 1-2 mesi di fisioterapia, mostrando i loro recuperi prodigio (in realtà niente di eccezionale per chi fa questo lavoro da decenni) con video e filmati quotidiani.. abbiamo visto tutti come è andata a finire con Perin.. che per mesi ci ha annoiato mostrandoci i suoi Tweet del suo recupero miracoloso … che sappiamo come sia finito.
La nostra esperienza:
I pazienti che abbiamo seguito nel nostro centro “fortunatamente” ad oggi non hanno mai subito una ri-rottura e il tasso di successo e soddisfazione è estremamente elevato nonostante i tempi di recupero accelerati. Per far questo però ci avvaliamo di competenze molto più ampie rispetto a quelle di un fisioterapista “standard” ed i nostri centri sfruttano a pieno 200mq di palestre dotate di attrezzature medicali particolari. Inoltre, generalmente lavoriamo in Equipe, nella nostra struttura, oltre a tutte le terapie fisiche più efficaci, siamo dotati di un ecografo e più medici specialisti (non solo l’ortopedico ma anche il fisiatra) si confrontano quando necessario. I fisioterapisti che seguono la riabilitazione di uno sportivo sono necessariamente sportivi in prima persona e conoscono i gesti atletici più comuni. Molti di loro hanno seguito percorsi formativi post Universitari collaterali da istruttori di functional training e da preparatori atletici. Nel nostro Team poi, sono presenti laureati in scienze motorie che lavorano come preparatori atletici professionisti di diverse discipline sportive, con loro il passaggio di consegne è fondamentale per poter concordare al meglio con gli allenatori il ritorno in campo di un atleta a seconda del suo tipo di intervento, di recupero , di ruolo giocato e programmare al meglio il ritorno alle competizioni.
Alcuni nostri casi di successo:
(Marco Contento – playmaker Basket Agropoli A2)
(Eric Udovicic – Pallamano Trieste – serie A )
(Emanuele Politti – Mestre calcio – neo eletta in LegaPro, granzie anche al suo contributo)
La tempistica media necessaria per completare tutto il percorso riabilitativo nella nostra struttura è di 6 mesi, con minimi di 3 e massimi di 9 a seconda del caso, dello sport, e del tipo di intervento. Tutto va personalizzato e le variabili da tenere in considerazioni sono molte.
Dott. Marco Segina
Responsabile della sezione Fisioterapia Ortopedica e Sport del Poliambulatorio Fisiosan con sede a Trieste e a Muggia.
Amministratore della Polisportiva Venezia Giulia SSDarl – con sezioni Volley, Basket, BodyBuilding, Pesistica, Corsa, MountainBike.
Laureato in Fisioterapia con Lode C/o Facoltà di Medicina e Chirurgia di Trieste e Vincitore del premio miglior tesi di Laurea in Italia nel 2008 (Una nuova Scala di Valutazione delle Lombalgie).
Altri titoli:
Master Universitario in ecografia muscoloscheletrica per fisioterapisti e podologi;
Master Universitario in Osteopatia;
Diploma di Osteopractor (American Academy of Manipulative Therapy);
Diploma di Chiroterapia e manipolazioni vertebrali (Manipulation Italian Academy);
Diploma di Preparatore Atletico;
McKenzie method (level A,B,C,D,E);
Stecco method (I e II livello);
Dry Needlig cert. (American Academy of ManipulativeTherapy);
Spinal Manipulation cert. (American Academy of Manual Therapy);
McGill method (I,II,III livello);
Documentarion based care certificate instructor;
Istruttore di Functional Trainig;
Personal Trainer;
Tecnogym Exercise specialist.